Tango de Buenos Aires - 8 gennaio - Teatro Alessandrino - recensione


Di  uno spettacolo di danza si può parlare in termini tecnici, se si conoscono i particolari e le figure, in termini emozionali o estetici, oppure si può vedere un filo che attraversa i momenti e riconduce ad una essenza di fondo che è la rappresentazione della vita. Questa è l’impressione che trasmette “Tango de Buenos Aires”, con la varietà degli umori rappresentati e degli stili proposti, ad una platea entusiasta e partecipe.
Il sipario si apre sulle milonghe di Buenos Aires, i loro frequentatori, i balli tra uomini che suppliscono alla mancanza di donne e mettono in luce la loro abilità in una gara di virtuosismi. Tutta la tristezza del tango, il suo abbinamento con la perdita, la nostalgia e la partenza appaiono in coreografie drammatiche e splendide, dove il ballo diventa veicolo di passione e talvolta di violenza. Ma la vita non è solo dramma e il registro cambia in continuazione, come la scelta delle contaminazioni musicali. Dal tango si passa al valzer, al flamenco e poi ancora alla milonga, ancora più passionale e ardente. Al  tema della partenza è dedicato un pezzo struggente ballato, in parte, su passi di danza classica. Una donna, straziata dalla partenza del suo uomo, di fronte a lei abbigliato per un viaggio e con in mano una valigia, danza il suo dolore e trasmette, con una leggerezza sorprendente e una bravura che incanta, ciò che nessuna parola può esprimere in modo così efficace. Il trait d’union unificante, un quadro generale dell’anima umana, fa seguire momenti ironici, laddove la coppia maschile degli hermanos Macana si cimenta in duetti di incredibile virtuosismo e velocità nei movimenti, apparentemente giocosi e privi di ogni sforzo. Godibile il loro stile scherzoso e stupefacente la bravura con la quale un ballo dall’essenza drammatica possa essere interpretato in chiave ludica preservandone la bellezza e la perfezione tecnica.  Uno spettacolo originale che emerge, oltre che per la prodigiosa bravura degli interpreti, per il grosso impatto emotivo che trasmette e per un’eco di teatro danza che travalica il ballo in senso stretto. Non si possono non notare gli  abiti splendidi che ci rievocano ambienti e luoghi di fascino come locali della Buenos Aires degli anni ’40, laddove gli uomini, eleganti e imbrillantinati, si contendevano le poche donne in sala. Lo spettacolo si chiude con la versione del tema centrale di “Evita”, solo musicata e suonata dai 4 musicisti presenti sul palco per tutta la serata, nel pieno clima argentino di un’epoca che ha segnato il momento d’oro del tango. Il gradimento del pubblico numeroso è stato più che evidente e meritato.

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